Lo avevo scritto qui, qualche giorno fa. Speravo ovviamente di essere contraddetto dai fatti. Invece no, purtroppo si è verificato tutto. Triste deja-vu.
Ieri è andata in onda la prima puntata della nuova edizione di X Factor. Davanti ai quattro giudici è passata la solita varia umanità. Nulla di innovativo, se non per qualche voce soul insospettabile e qualche sperimentazione ritmica, elettronica o meno. La stragrande maggioranza dei partecipanti è il manifesto della crisi profonda che, anche musicalmente, attraversa l'Italia.
Qualche parola va spesa anche sui giudici. Di Sfera Ebbasta evito di parlare: non sono nelle condizioni economiche di subire una querela. Mara Maionchi è simpatica, aperta alle novità, e sa come si gestiscono i talent. Malika Ayane è molto attenta agli aspetti tecnici, molto meno a quelli emozionali. Perfetta per l'industria discografica odierna, negli anni Sessanta o Settanta avrebbe fatto al massimo pianobar. Un paio di spanne sopra tutti gli altri giudici si staglia Samuel. Un artista, prima che un cantante. Un ricercatore di novità profonde e non superficiali. Un attento osservatore dell'equilibrio necessario tra emotività e tecnica. Samuel ha pronunciato molti più "no" dei suoi colleghi. A prima vista potrebbe sembrare severità, invece è semplicemente volontà di premiare chi tenta di cambiare rotta per non rimanere immischiato nella melma mainstream. Robaccia che forse venderà bene per un anno o due, ma poi scomparirà e di cui non rimarrà traccia nella storia.
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