Il Ponte sullo Stretto ha rotto le... campate!



Eccoli qui. Ritornano ciclicamente all'attacco, desiderosi di sperperare denaro pubblico o di dirottare denaro privato in determinate tasche. Dai tempi di Plinio il Vecchio si discute sull'opportunità di realizzare un ponte che colleghi Reggio Calabria e Messina: allora per consentire il passaggio di elefanti razziati ai Cartaginesi, oggi per favorire il passaggio delle merci (e, in secondo luogo, di persone).
Ma siamo davvero certi che questo ponte serva? "Darà 40 mila posti di lavoro!", promise Matteoli, ministro del governo Berlusconi, tra i principali fautori del Ponte in epoca contemporanea. "Darà 100 mila posti di lavoro!", rilanciò Matteo Renzi, ai tempi infausti in cui governava questo tramortito Paese. Ai politici, però, risposero gli studiosi: il Centro studi per l'area dello Stretto di Messina “Fortunata Pellizzeri” dimostrò, dati alla mano, che l'occupazione sarebbe stata nettamente minore e soprattutto per un lasso di tempo troppo breve per poter incidere sull'economia locale. Un'economia, è bene ricordarlo, molto spesso infiltrata dalla malavita organizzata, che certamente tifa per la costruzione del Ponte: immaginate quanti miliardi potrebbero essere gestiti dalle mafie locali?

Secondo punto: il Ponte migliorerà il traffico di merci?
Secondo i fautori, l'opera velocizzerebbe il passaggio di merci, su gomma e su rotaia, dal Continente alla Sicilia. Per poi piantarsi lì, vista la condizione penosa della rete stradale e ferroviaria siciliana. Sono andato su Google Maps, nota applicazione bolscevica luddista, e ho visto che Messina e Ragusa distano circa 200 km. Per coprire questa distanza in treno ci vogliono oltre SETTE ore.
Sono andato dall'altra parte: Messina e Trapani distano 330 km; per coprire questa distanza in treno ci vogliono QUATTORDICI ore. Non sarebbe meglio potenziare la rete ferroviaria siciliana prima di sperperare miliardi per fare un ponte di tre chilometri?

Terzo punto: il Ponte è sicuro?
Lo Stretto di Messina è tra le zone più ventilate d'Europa. I venti soffiano a forte velocità e secondo Remo Calzona, ingegnere e accademico italiano a cui sia l’Anas che il Governo hanno affidato la presidenza del comitato tecnico-scientifico per la verifica della fattibilità del Ponte, i rischi di ripetere l'esperienza del ponte danese dello Storebaelt o quella del ponte californiano di Tacoma sono molto, troppo alti. Cosa accadde a questi due ponti? Il primo fu deformato dal vento, il secondo semplicemente crollò. Inutile dire che nessuno dei due ponti aveva le dimensioni spaventose dell'eventuale Ponte sullo Stretto, che sarebbe un ponte sospeso a una sola campata di 3300 metri.

Evito di analizzare i danni paesaggistici e ambientali per un territorio che vive di natura e turismo perché sarebbe fin troppo ovvio.
Come sempre bisognerebbe porsi la stessa domanda che si pose Cicerone nell'orazione Pro Milone: cui prodest? A chi giova?
Basta vedere le persone e i partiti che spingono per il Ponte sullo Stretto per capirlo. E per schierarsi contro.

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