Poco dopo le 18 è arrivata la sentenza: Stefano Cucchi è stato ucciso, 12 anni agli assassini Di Bernardo e D'Alessandro. Omicidio preterintenzionale per i due carabinieri. Il teste chiave, Francesco Tedesco, è stato assolto dall'accusa di omicidio e condannato a due anni e sei mesi per falso. Il maresciallo Mandolini è stato condannato a tre anni e otto mesi.
Ci sono voluti dieci anni, ventitré giorni e nove ore, per scrivere una definitiva parola di verità su un caso di cronaca che è presto diventato paradigmatico. Una vergogna nazionale e una tragedia privata. Giustizia? No, non parliamo di giustizia. Questa non è giustizia. Non lo fu per Stefano, non lo è stata per l'eroica sorella Ilaria, che in questo decennio ha dovuto subire accuse, offese, calunnie, atteggiamenti vergognosi da parte di molti rappresentanti dello Stato. Esponenti come Giovanardi, che dichiarò che gli unici a picchiare Cucchi furono i suoi amici spacciatori, o come Salvini, che preferì scagliarsi contro la sorella Ilaria dicendole che doveva vergognarsi; oppure come l'esponente di Fratelli d'Italia, nonché volto noto della trasmissione Quarto Grado, Alessandro Meluzzi, che si chiedeva come mai la famiglia Cucchi non chiedesse scusa alle famiglie a cui quello spacciatore di Stefano vendeva droga.
Perché queste persone non hanno mai visto in Stefano Cucchi un cittadino che è stato arrestato e sei giorni dopo consegnato morto alla famiglia col cadavere tumefatto dai colpi. Stefano era uno spacciatore, un delinquente, un criminale, un subumano: questo era il messaggio che doveva passare. Se pesti un cittadino commetti un abuso. Se pesti un delinquente, invece, non fai niente di male. "Se l'è cercata", così ragiona questa gente.
Oggi almeno è stata scritta una parola di Verità.
La Giustizia, purtroppo, è andata a farsi benedire. Per sempre.
La Giustizia, purtroppo, è andata a farsi benedire. Per sempre.
Do svidanjia
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