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La faccio semplice, o almeno ci provo. Ho deciso di aprire questo blog perché, contemporaneamente, ho deciso di chiudere tutti gli altri blog che negli anni ho creato. Blog di politica, di costume, di cultura, di calcio, di storia. Basta. Meglio chiudere tutto e attivarne uno solo, nel quale lasciar confluire le passioni, gli interessi e le riflessioni di un uomo qualunque, nato a Napoli alla fine del 1980 e residente a Roma dal 2007 causa motivi di lavoro.
Sposato, con due splendidi figli, un mutuo, una fedina penale pulita, una laurea, due diplomi, un lavoro che mi piace poco ma che mi devo tenere stretto sennò sono cazzi.
Negli anni ho giocato a pallone, ho suonato la chitarra e il basso in gruppi rock e metal, ho scritto centinaia di prose e migliaia di poesie, ho militato nei partiti della sinistra radicale, ho sostenuto il Napoli in casa e in trasferta, specialmente negli anni bui della serie B e serie C. Ora, alle soglie dei quarantanni e dei centodieci chili, con pochissimo tempo libero e troppe cose da fare, ho tagliato i ponti con queste passioni giovanili. Un po' mi dispiace, sia chiaro, ma era inevitabile, soprattutto alla luce dei tempi infami che viviamo. Tempi in cui la musica non viene suonata, ma composta al computer. Tempi in cui i ragazzi preferiscono giocare a calcio online tramite la Xbox piuttosto che in strada, tra i vicoli e le macchine parcheggiate. Tempi in cui scrivere poesie è roba da ricchioni o da falliti. Tempi in cui la sinistra radicale è morta, ma non ancora sepolta. Tempi in cui il Napoli viene seguito da tifosi del bilancio ed esperti di plusvalenze, gente che ritiene la parola "ultras" sinonimo di delinquente.
Di fronte a questo mondo potevo scegliere varie strade. Mandare tutto a fanculo e fuggire nel bosco, come diceva Junger. Oppure incazzarmi e perseverare nel fomentare il fuoco delle passioni giovanili. O magari potevo... aspè, come si dice... maturare, un termine spesso usato da quelli che a vent'anni volevano assaltare i celerini e oggi si fanno i selfie con i poliziotti, dagli ex anarchici che adesso votano Salvini o dai comunisti che hanno scoperto i taumaturgici effetti di Renzi e dei leopoldiani.
Invece ho deciso di percorrere un'altra strada. Dire la mia, quando mi va, su ciò che mi va. Se qualcuno la leggerà, bene. Se sarà d'accordo con me, meglio. Se nessuno leggerà, non fa niente. Parlare con se stessi a volte aiuta, e che cazzo. Mettere un po' di ordine nella propria vita non ha mai fatto male a nessuno.
Un'altra strada, dicevamo. Se fosse un romanzo di Fante o Bukowsky, si chiamerebbe Simplicity Road, la Strada della Semplicità. Perché questi ultimi anni di casini e scazzi e nervosismi e fallimenti e incazzature mi hanno portato a comprendere una banale, ma fondamentale verità: le cose e le persone sembrano complesse solo in superficie, ma se scavi in profondità ti rendi conto che è la semplicità a dominare l'esistenza. Più una vita è semplice, più sarà felice. Basta avere poche cose per campare alla grande. La maggior parte della rabbia sociale può essere disinnescata dando alle persone un lavoro, qualcosa di soldi in tasca e un quartiere decente. 
"Comandare è meglio che fottere", dicono i mafiosi. Non hanno capito un cazzo, come sempre. La gente vuole comandare solo quando ha fame. Ma se tu gli dai qualcosa da mangiare e qualcuno con cui fottere, nove persone su dieci se ne strafregheranno di comandare. 
E penseranno a vivere, niente di più.


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