Una volta era bellissimo




Una volta era bellissimo.
Era bellissimo andare a Genova a giocare contro i rossoblu. Amicizie antiche e giri di birra offerti. Magari anche una passeggiata per la città, perché no. Genova come Napoli, città di mare e di vicoli, di porto e di collina. La poesia di De André e la prosa di Eduardo.

Era bellissimo ospitare i grifoni. Scambiarci saluti e sciarpette. Parlare di curva e di vita. A casa tutto ok? Al lavoro come va? Con la ragazza tutto a posto? Poi si andava al Tempio, qualcuno veniva in curva con noi. Zero tensione, divertimento e amicizia.

Una volta era bellissimo.
Era il gemellaggio più antico d'Italia. Nato per la "papera" di un portiere partenopeo che consentì al Genoa di salvarsi. Un gemellaggio rinsaldato da anni, anzi decenni di movimento ultras. Chilometri di strada, migliaia di gradinate. La promozione in serie A per entrambi, con Paolo Cannavaro che indossava la maglietta dei Fedayn e la folle euforia per le strade di Genova.

Tutto finisce, dicono i filosofi. E anche il gemellaggio tra Napoli e Genoa è finito. Ognuno ha la sua versione della storia: striscioni per ultras morti durante un infame assalto, presenza ai funerali dello stesso, distanza ormai incolmabile tra vecchie e nuove generazioni di ultras, volantini distribuiti e non da tutti riconosciuti.

Ma questa è la parte peggiore di una storia lunga quasi quarant'anni. La parte più meschina, più amara, più triste. A me rimangono tante altre cose, nella mente e nel cuore. Ricordi, conoscenze, momenti. Amici che non vanno più in curva o ci vanno di rado, perché ci sono troppi cazzi a cui pensare ed è giusto che sulla balaustra ci stiano i più giovani. Persone con i capelli e il pizzetto ingrigiti. Mariti, padri, con qualche chilo di troppo e foto sbiadite di tagli skinheads. 
Gente che, parafrasando Faber, "aveva il mio stesso identico umore, ma la sciarpetta di un altro colore".

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