Era bellissimo ospitare i grifoni. Scambiarci saluti e sciarpette. Parlare di curva e di vita. A casa tutto ok? Al lavoro come va? Con la ragazza tutto a posto? Poi si andava al Tempio, qualcuno veniva in curva con noi. Zero tensione, divertimento e amicizia.
Tutto finisce, dicono i filosofi. E anche il gemellaggio tra Napoli e Genoa è finito. Ognuno ha la sua versione della storia: striscioni per ultras morti durante un infame assalto, presenza ai funerali dello stesso, distanza ormai incolmabile tra vecchie e nuove generazioni di ultras, volantini distribuiti e non da tutti riconosciuti.
Ma questa è la parte peggiore di una storia lunga quasi quarant'anni. La parte più meschina, più amara, più triste. A me rimangono tante altre cose, nella mente e nel cuore. Ricordi, conoscenze, momenti. Amici che non vanno più in curva o ci vanno di rado, perché ci sono troppi cazzi a cui pensare ed è giusto che sulla balaustra ci stiano i più giovani. Persone con i capelli e il pizzetto ingrigiti. Mariti, padri, con qualche chilo di troppo e foto sbiadite di tagli skinheads.
Gente che, parafrasando Faber, "aveva il mio stesso identico umore, ma la sciarpetta di un altro colore".
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